I disturbi sessuali riguardano una vasta gamma di disfunzioni che vanno dal disturbo erettile, all'eiaculazione precoce o ritardata, dal disturbo dell'orgasmo femminile a quello dell'eccitazione sessuale o del dolore pelvico, solo per citarne alcuni tra i più comuni. Si tratta di un gruppo eterogeneo di problemi caratterizzati da anomalie del comportamento sessuale che incidono significativamente sulla vita dell'individuo e della coppia, arrivando a causare problemi correlati all'ansia, alla depressione, e alla perdita di autostima, e che, non di rado, hanno come risultante la rottura della coppia stessa. Anche in questo caso è opportuno ricordare che tali disfunzioni, che in genere causano un disagio più o meno marcato nel paziente, possono avere o meno rilevanza clinica qualora si presentino con insistenza e regolarità, o che si verifichino anche in condizioni di adeguata stimolazione sessuale. In termini diagnostici, tale classe di disturbi viene classificata in diversi sottotipi, a seconda che si tratti di una condizione presente dalle prime esperienze sessuali, o sia acquisita nel tempo, che si verifichi sempre o esclusivamente in determinate condizioni. La varietà di fattori in gioco e la natura stessa del disturbo richiedono una valutazione psicodiagnostica di tipo trasversale, durante la quale allo psicologo è richiesto di prendere in considerazione tutti gli elementi rilevanti per l'eziologia e per il trattamento, ivi compresa la relazione di coppia e la personalità del paziente che denuncia il problema, i fattori culturali e le aspettative dei pazienti e dei loro partner in campo sessuale. La risposta sessuale si configura infatti come un evento estremamente complesso, durante il quale giocano un ruolo fattori biologici, psichici, interpersonali e socioculturali, che vanno presi in considerazione dallo psicologo con estrema attenzione. Negli ultimi anni infatti il sessuologo - che non è altri che uno psicologo clinico con una buona conoscenza dell'argomento - è diventato una figura sempre più importante nell'ambito delle relazioni di coppia
Di tutt'altra natura è invece la disforia di genere, un tempo nota come "disturbo dell'identità di genere", qui associata ad i disturbi sessuali pur riconoscendo l'ovvia differenza tra la parola "sesso" intesa come indicatore biologico e "sessualità" intesa come sfera intima e orientamento di genere della persona. La necessità di introdurre il termine "genere" è stata approfondita dagli psicologi negli ultimi anni, in quanto si ritiene che per individui con indicatori biologici ambigui o contrastanti l'identificazione sociale in quanto "maschio" o "femmina" non può essere associata agli indicatori biologici tradizionali. Si usa dunque questo termine per indicare il ruolo sociale vissuto dall'individuo, indipendentemente dai fattori biologici o dall'orientamento sessuale, che, è bene ricordarlo anche in questa sede, non rappresenta ovviamente in alcun modo un qualsivoglia genere di disturbo, a meno che non sia visto come dissonante e invasivo dalla persona, e che anche in tal caso probabilmente costituisce solo uno dei fattori del conflitto di personalità sperimentato. La disforia di genere si riferisce proprio a questa sofferenza che può essere generata tra il genere biologico e quello espresso o desiderato dalla persona. Tale incongruenza può portare in alcune persone ad un disagio profondo, soprattutto nei casi in cui il percorso che porta al trattamento ormonale o chirurgico non è stato avviato o non è ancora completo. Nella moderna classificazione diagnostica si è preferito rinominare il disturbo dell'identità di genere in "disforia" proprio per porre l'accento sul "conflitto sperimentato" come disagio clinico, e non sull'identità sessuale dell'individuo.
"E' necessario che ci si renda conto una volta per tutte che l'essere umano è molto più una creatura sessuale che una creatura morale. La prima è inerente, la seconda posticcia" (Emma Goldman)
Dott. Massimiliano Bosco, M. Sc. Psych. - Psicologo clinico, Neuropsicologo
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