Per chi non avesse la possibilità di raggiungere lo studio, o nel caso in cui non si riuscisse a trovare un accordo su tempi e luoghi degli incontri, è disponibile anche un servizio di consulenza online tramite il portale medico RedMedical, che offre una connessione peer-to-peer cifrata. Ovviamente il servizio è diretto sia ai residenti in Germania che a quelli in Italia, ma richiedere particolari accorgimenti e condizioni specifiche. Non è infatti possibile avvalersi di tale servizio per i colloqui preliminari (prime visite o Vorgespräche) nè per le prestazioni psicoterapeutiche, quindi solo per consulenze "una tantum" o che non necessitino di un distinto setting clinico.
In Germania infatti in linea di massima non è possibile fornire prestazioni psicoterapeutiche online. Si possono fornire prestazioni di counseling o interventi "una tantum" di "supporto psicologico", ma non di terapia. Sebbene infatti durante gli ultimi due anni ci siano state diverse eccezioni a tale direttiva sanitaria, dovute più che altro all'emergenza pandemica, la psicoterapia online ha ancora forti limitazioni sul suolo tedesco, riassumibili in alcuni punti fondamentali.
Il primo è relativo all'impossibilità di stabilire e garantire una Qualitätssicherung, ovvero una sorta di "garanzia di qualità", processo fondamentale nella verifica scientifica in termini di efficacia di trattamento. In sostanza, la ricerca svolta negli ultimi anni in merito alla terapia online ne ha dimostrato la notevole ridotta efficacia rispetto alla psicoterapia "tradizionale" svolta in setting clinico. Sebbene non si possa dire che la terapia online non abbia alcuna efficacia, possiamo dire che gli standard qualitativi dimostrabili in sede di revisione scientifica non hanno superato i requisiti minimi di efficacia richiesti dalle organizzazioni addette alla supervisione professionale (primi tra tutti, la Kassenärztliche Vereinigung).
Il secondo punto riguarda la privacy, tema fondamentale in terapia, che non sempre è garantibile online. Sebbene a questo problema si sia ovviato tramite l'introduzione di alcuni specifici programmi che garantiscono connessioni criptate peer-to-peer (come ad esempio la già citata piattaforma RedMedical), l'utilizzo di piattaforme come Skype o, ancora peggio, Whatsapp, che non possono garantire la privacy dei pazienti, è considerato una grave violazione degli standard psicoterapeutici. Basti pensare che per motivi di privacy ai terapeuti non è nemmeno permesso di avere una connessione internet sul telefono di lavoro.
Il terzo punto riguarda la sicurezza, legata all'impossibilità di intervento materiale da parte del terapeuta in caso di crisi del paziente, e ciò non solo nell'immediato, ma anche sul medio e lungo termine. Il terapeuta, infatti, è tenuto a stabilire e documentare una valutazione di "rischio" per ogni paziente, valutazione che può essere fatta solo dopo aver conosciuto il paziente di persona. Oltre all'evidenza legata al fatto che in caso di necessità un terapeuta "online" non possa fisicamente intervenire nel tutelare la salute fisica e mentale di un'eventuale paziente, c'è da considerare l'aspetto legato al sistema sanitario di riferimento. Nel caso infatti in cui il terapeuta "online" non abbia padronanza o addirittura conoscenza del contesto nel quale vive il paziente, potrebbe non essere in grado di intervenire in caso di crisi, chiamando se necessario i soccorsi e gestendo poi il periodo post-crisi in maniera adeguata, secondo quando previsto dalla procedura sanitaria. Allo stesso modo, qualora il terapeuta non si trovasse sul suolo tedesco o comunque non fosse professionalmente inserito in tale contesto sanitario, potrebbe non essere in grado di garantire un lavoro multidisciplinare, lavorando insieme al medico di base, allo specialista, o a qualsiasi altra struttura o istituzione sia ritenuto necessario (a tal proposito, invito chi interessato a visionare la sezione "Diritti dei pazienti"). In tal caso verrebbe inoltre a mancare uno degli aspetti più importanti della tutela del paziente in terapia, ovvero la possibilità di verifica da parte degli organi competenti, e quindi sia la tutela deontologica che quella legale del paziente che vive all'estero.
Chi vive in Germania sa bene quanto questi punti, e in particolar modo la privacy, la verifica legale del lavoro svolto e il lavoro multidisciplinare, siano aspetti che vengono presi molto sul serio dalle istituzioni sanitarie. Ciò non vuol dire che sia completamente vietato lavorare online, ma che sia da intendersi come una soluzione temporanea, messa in atto solo dopo aver preso tutte le precauzioni necessarie e comunque solo dopo aver accertato che sia l'unica strada percorribile e avere già stabilito un contatto "di persona" con il paziente. Una scelta professionale più adatta, sotto questo punto di vista, sarebbe attuare un rinvio ad un collega che abbia la possibilità di seguire il paziente personalmente anzichè online, mettendo al primo posto la sua tutela e la sua salute.
Dott. Massimiliano Bosco, M. Sc. Psych. - Psicologo clinico, Neuropsicologo
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